Franciacorta DOCG, Trento DOC, Prosecco e Champagne: questi sono solo alcuni dei nomi più conosciuti nel mondo delle bollicine. Gli spumanti sono sempre associati a festeggiamenti e celebrazioni di ogni tipo. Ma cosa li rende così speciali?
Ovviamente è la presenza di anidride carbonica disciolta che crea una sovrappressione di almeno 3,5 atmosfere all’interno della bottiglia. Quando si stappa inizia l’effetto dell’effervescenza che porta allo sviluppo di bollicine e alla formazione di una spuma sulla superficie. E le bollicine sono uno degli indicatori principali di qualità dello spumante: possono essere più o meno numerose, fini o persistenti.
Per ottenere questa eccellenza si utilizza il metodo Classico oppure il metodo Martinotti (o Charmat): entrambi partono da un vino base al quale viene aggiunta una miscela di zuccheri e lieviti la cui rifermentazione è alla base dell’effervescenza dei vini spumanti. Nel primo caso la rifermentazione si svolge in bottiglia con un periodo di permanenza del vino base a contatto con i lieviti molto lungo (può arrivare a diversi anni), mentre nel secondo avviene in recipienti (fermentatori) in acciaio sotto pressione e la permanenza del vino base a contatto dei lieviti è molto più breve.
In Italia la produzione è diffusa in molte zone tra le quali spiccano Lombardia con Franciacorta DOCG (metodo classico), Trentino-Alto Adige con Trento DOC (metodo classico), Piemonte con Alta Langa DOCG (metodo classico), Veneto e Friuli con Prosecco DOC (metodo Martinotti).
Il nome Champagne invece è legato alla sua zona di produzione, la Champagne. In questa regione della Francia nei secoli ha trovato la sua definizione il metodo di produzione “Champenoise” (metodo classico) mediante rifermentazione in bottiglia, che poi si è diffuso in tutto il mondo, a partire da vitigni diversi ma anche con le stesse uve usate nello Champagne.
L’areale produttivo si trova a circa 150 chilometri a nord-est di Parigi. Per la sua latitudine ha un clima piuttosto freddo: nel passato le basse temperature autunnali e invernali provocavano l’interruzione della fermentazione alcolica dato che il freddo bloccava l’azione dei lieviti. Questo faceva mantenere il livello di zuccheri nel vino piuttosto elevato fino all’arrivo della primavera quando i lieviti si risvegliavano dal loro letargo riprendendo la fermentazione.
Fu Dom Pierre Pérignon (1638-1715), monaco Benedettino dell’Abbazia di Hautvillers, il primo a vinificare e mantenere separate le uve provenienti dai vari vigneti, ritenendo che ogni singola vigna (cru) avesse qualità proprie e uniche. I “vini con le bollicine” presero piede e, vista anche l’impossibilità di evitare la ripresa della fermentazione, i produttori della Champagne utilizzarono l’effervescenza per produrre un vino diverso da tutti gli altri e che riscuoteva già un buon successo commerciale.
Gli Champagnes sono sempre elaborati a partire da vini base detti cuvées, che hanno in genere caratteristiche organolettiche poco invitanti se bevuti prima dell’inizio della rifermentazione in bottiglia, essendo solitamente piuttosto acidi e poco alcolici. Nel caso dei cosiddetti Sans Année la cuvée è composta da diversi vini provenienti da differenti annate, mentre da vini diversi della stessa annata per i Millésimes o Vintage.
La cuvée è generalmente composta da un numero variabile di vini che può anche arrivare a 60 o anche di più.
Gli Champagnes “generici” sono prodotti con tutte e tre le uve ammesse dal disciplinare: Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Meunier. Quelli ottenuti con Chardonnay in purezza sono definiti Blanc de Blancs e quelli prodotti esclusivamente con uve a bacca rossa (Pinot Nero e Pinot Meunier) singolarmente o congiuntamente, sono definiti Blanc de Noirs. Gli Champagnes Rosé devono il loro colore alla presenza di una piccola parte di vino rosso nella cuvée, oppure alla tradizionale tecnica di estrazione del colore detta Saignée (sanguinamento) più complessa ed oggi impiegata da pochissime Maisons (il colore viene estratto mantenendo il mosto a contatto con le bucce).
Anche i singoli vitigni hanno ciascuno il proprio ruolo: lo Chardonnay per la finezza ed eleganza, il Pinot Nero per la struttura e gli aromi e il Pinot Meunier per la ricchezza e la complessità aromatica così come la struttura.
Le cinque aree di produzione della Champagne sono: Montagne de Reims, Côte des Blancs, Vallée de la Marne, Côte de Sézanne e Aube. Le principali sono le prime tre che si trovano tutte nelle vicinanze di Reims ed in cui sono ubicati tutti i 17 comuni Grand Cru. Nella Montagne de Reims si coltiva prevalentemente Pinot Nero e Pinot Meunier con una piccola parte di Chardonnay; nella Côte des Blancs si coltiva quasi esclusivamente lo Chardonnay, nella Vallée de la Marne domina invece il Pinot Meunier. La Côte de Sézanne, più a sud rispetto all’area principale dà prevalentemente Chardonnay ed infine nell’Aube si coltiva quasi esclusivamente Pinot Nero.
Gli spumanti vengono classificati in base alla quantità di zucchero residuo nel vino dopo la conclusione del processo di spumantizzazione. Adottando questo criterio si distinguono in : dosaggio zero (o pas dosé), con un dosaggio inferiore a 3 g/l e senza aggiunta di zucchero dopo la presa di spuma; extra-brut: compreso tra 0 e 6 g/l; brut: inferiore a 12 g/l; extra-dry: compreso tra 12 e 17 g/l; dry: compreso tra 17 e 32 g/l; abboccato: compreso tra 32 e 50 g/l; e dolce: se superiore a 50 g/l, ovviamente il contenuto di zucchero andrà ad incidere in maniera importante sul gusto del vino.
Per quanto riguarda gli abbinamenti, gli spumanti secchi (dosaggio zero, extra-brut, brut, extra dry, dry) sono indicati per l’aperitivo, accompagnati da qualche stuzzichino oppure durante il pasto abbinati a piatti di pesce crudo come ostriche, crostacei e frutti di mare in generale, piatti di pesce e risotti. Gli spumanti dolci (abboccato e dolce), invece, sono ideali per crostate di frutta o pasticceria secca.